diretto da Gianluca Marziani e Stefano AntonelliSAM è un museo delocalizzato dedicato alle arti e alle espressioni urbane, dispone di una propria collezione permanente di opere, documenti e materiali, effettua ricerche, colleziona, produce, cataloga, conserva, interpreta ed espone manufatti e artefatti, sia materiali che immateriali.

Accessibile e inclusivo in ogni sua localizzazione, SAM promuove la diversità e la sostenibilità. È dotato di uno statuto etico, sostiene la partecipazione delle comunità offrendo un repertorio diversificato di esperienze per l’educazione, la formazione, la contemplazione, il coinvolgimento, la riflessione e la condivisione di conoscenze.

 

 

John Fekner, Broken Promises, 1980 © by John Fekner, South Bronx, 5 august 1980

L’ARTE URBANA

Lo statuto urbano dell’arte è un piano sconosciuto e poco indagato il cui output a noi più familiare è la street art. Non esiste una disciplina che indaghi i fenomeni culturali legati alla condizione urbana, che ci indichi a cosa rimandi questo urbano, non esiste neanche un urbanismo artistico. Eppure la città moderna è stata innegabilmente fonte, teatro, materia e linguaggio stesso dell’arte. Per noi europei è evidente il riferimento al tema fondativo del termine latino urbs anche se molte interpretazioni limitano quest’ascendenza alla urban culture americana.

La street art oggi in Italia è una pratica molto diffusa e socialmente apprezzata della creatività contemporanea che, di fatto, si rifà ad un movimento originario emerso perlopiù in Europa negli anni 2000; il quale, a sua volta, rivendica le proprie origini negli Stati Uniti degli anni ’60-’80. Questa pratica odierna interpreta quel movimento originario in diversi modi: assistiamo a interpretazioni politiche, radicali, etiche, istituzionali, strumentali, commerciali, benefiche, morali, monumentali, documentali e molte altre ancora. Nei suoi sviluppi più contemporanei la street art si è saldamente legata al principio della rigenerazione urbana; tuttavia, l’emergere e svilupparsi di una street art negli ultimi vent’anni ha coinciso con una potente ripresa della pittura, mettendo in evidenza nuovi autori di qualità e producendo un notevole corpus di opere che potremmo definire di pittura urbana contemporanea. L’azione d’indagine museale sulle arti urbane si è focalizzata, negli ultimi anni, sull’agire artistico e mai sui contenuti, i quali rappresentano l’immaginario linfatico di una generazione che ha vissuto cambiamenti epocali, alcuni dei quali li ha visti protagonisti.

La street art è anzitutto una forma espressiva, una “voce”, la forma sensibile di una presa di parola che a volte diventa arte. Solo a volte, e non è mai per caso. Questo suo essere arte, inoltre, si modula su una scala d’interesse che ne determina il valore su ideali bilance, i cui pesi specifici variano in base al contesto. In questo progetto daremo conto sia delle meccaniche dei pesi che del ruolo dei contesti: rappresentazioni di informazioni necessarie per costruire il frame in cui comprendere il valore, le cui manifestazioni nel reale sono rintracciabili solo sui piani di due orizzonti: quello storico e quello economico. 

Il nostro tempo considera rilevante l’arte che viene adottata da istituzioni storiche (musei) o istituzioni economiche (mercato). Tutta l’arte che non ha dinamica nel mercato e nelle istituzioni storiche si trova in una grey area. Tradizionalmente sono le istituzioni storiche (musei) che “storicizzano” gli artisti; tuttavia, il XXI secolo ci ha introdotto all’uso dei social media, potenti strumenti di interazione umana in grado di storicizzare potenzialmente tutto, manipolando o distorcendo la nostra cultura.  La street art ha potuto autostoricizzarsi grazie al mondo creato dai newmedia, quello in cui si produce l‘emozione del valore. Ma cosa accade nell’altro mondo, quello in cui si produce la ragione (anche economica) del valore? Che tipo di comprensione storica è in atto di questo fenomeno? E’ possibile che tale processo di autostoricizzazione sia stato influenzato da bias strutturali dello spazio entro cui opera?

In questi vent’anni abbiamo visto spuntare enormi dipinti nelle nostre città, abbiamo re-imparato che alcuni scarabocchi poi diventano arte, abbiamo visto la street art di Banksy conquistare i piani alti del mercato dell’arte, il movimento ha avuto un certo successo evolutivo e si è riprodotto in molti modi. Tutti questi aspetti e molti altri sono il patrimonio di studi fondamentali che il museo intende elaborare e interpretare per comprendere quando è di particolare interesse il lavoro che questi artisti propongono, e in quale cornice questo interesse si colloca. 

 

 

 


COLLEZIONE PERMANENTE

 

SAM è il primo museo al mondo ad ospitare una collezione permanente di opere firmate Banksy costituita da un corpus artis di oltre 30 serigrafie autenticate da Pest Control Office, tra cui la celebre Girl with Balloon, la Monna Lisa del XXI secolo, e il Flower Thrower, l’iconico lanciatore di fiori, moderno David che veglia sulla Res Publica.  Oltre ad ospitare il più rilevante e popolare artista del nostro tempo, la collezione permanente del museo custodisce opere e materiali delle più importanti figure dell’arte urbana nazionale e internazionale, tra cui Haring, Basquiat, Blu, Vhils, Obey, Seth, Kaws, C215, Invader, Sten e Lex, Ozmo e molti altri. La collezione permanente intende ampliarsi nel tempo sia attraverso acquisizioni internazionali, che rivolgendo una particolare attenzione alla giovane produzione artistica nazionale, acquisendo opere che verranno di volta in volta valutate dalla direzione museale. A ciò si aggiunge la nuova visuale storica che intreccia artisti di storia e contesto differenti, secondo una prospettiva che orienta la visione critica sulla direttrice della città e dei suoi muri come grammatica pubblica di presa politica, sociale e culturale. Tra i nomi in collezione ricordiamo Giacomo Balla,  Tullio Crali, Giulio Turcato, Mario Schifano, Gastone Novelli, Mimmo Rotella, Gianfranco Baruchello.

 

 

 

IL MUSEO, PROSPETTIVE

“Il mondo ha cominciato a significare prima che sapesse ciò che significava”
(Lévi-Strauss, Introduzione a Mauss – Teoria generale della magia, 1965)

L’arte non appartiene al dominio della cultura ma a quello dell’espressione, diventa cultura solo quando viene inquadrata nella prospettiva storicista. Esistono molti modi per comprendere l’arte, uno di questi è indagarne la storia, è il più praticato ed è il modus principale con cui cerchiamo di capire l’arte: conoscendone la storia. Il metodo dell’indagine storica è talmente significativo che filosofi come Arthur Danto sono arrivati ad affermare che l’arte è la storia dell’arte. Ovviamente non è l’unico approccio disponibile ma è quello dominante. La storia dell’arte prodotta in questo modo ci si presenta come una specie di timeline deterministica, una sequenza ordinata esito di un’epistemologia piena di bias, come ci hanno spiegato gli studies multidisciplinari negli ultimi vent’anni. In questo progetto museale assumeremo l’idea che una ricerca storica possa affidarsi alle forme reticolari delle relazioni più che a quelle lineari delle determinazioni, possa proporre precursori oscuri e isolare pattern di differenza e ripetizione, rintracciare il divenire dell’arte più che il suo essere, catalogare la molteplicità a scapito dell’unicità, usare la scienza dei dati per estrarre nuova conoscenza dalle relazioni tra i fatti artistici; e in questo modo, ad esempio, svelare che ciò che sembrerebbe una storia americana appare in realtà come una storia molto più europea e altresì italiana. Questo metodo d’indagine produce una vera e propria rifioritura della storia in grado di rintracciare e mostrare sistemi radicali sotterranei che dispiegano una storia aumentata dell’arte fondata su tre macchine da riconsiderazione:

    1. Macchina per riconsiderare il soggetto: il soggetto si dissolve nell’interazione.
    2. Macchina per riconsiderare lo spazio: come suggerisce il matematico francese Henri Pointcarré, misureremo lo spazio in azioni potenziali e non in centimetri.
    3. Macchina per riconsiderare il tempo: come in “Amleto” di Shakespeare, ci troviamo in una congiuntura in cui “il tempo è disgiunto”, così permettendo di correre su e giù per la storia dell’arte e disintegrarne la linea temporale.

L’idea con cui SAM rappresenta e presenta l’arte è propriamente il movimento di comprensione dell’arte, in accordo con la determinazione di Duchamp, Joyce e Schoenberg, facendo del paradosso la logica del senso, disintegrando linguaggi integrati, popolando il sistema di correlazioni, rimontando il tempo artistico sul tempo storico. Nel nostro museo, quindi, l’arte non è la storia dell’arte ma la comprensione dell’arte.

Mostra_collezione permanente + prestiti temporanei 
Origins-Rizhome – Una storia aumentata della Street Art_capitolo uno
a cura di Antonelli & Marziani

Attraverso un percorso di oltre 50 elementi tra opere, documenti e materiali, la mostra ricostruisce una genealogia icastica del rapporto tra pittura e muro, moltiplicando l’approccio storicistico tradizionale in layers analitici non lineari e scienza dei dati applicata ai fatti culturali (Cultural Analytics). 

Partendo dal progetto “Wall Street” affidato da Carolyn Christov-Bakargiev a Gianluca Marziani nell’ambito della mostra “Espressioni con Frazioni” (Castello di Rivoli, 2022), l’impianto curatoriale di Antonelli & Marziani rilegge gli andamenti delle arti e delle espressioni umane e urbane, assumendo la prospettiva del muro come supporto ontologico dell’espressione umana e della città come condizione di possibilità di un’arte urbana, così da produrre una scrittura aumentata di passaggi intra-storici che hanno alimentato il ciclo delle avanguardie e della pittura in generale. Nel percorso di questo primo capitolo una storia aumentata dell’arte urbana convoca opere di Giacomo Balla, Tullio Crali, Giulio Turcato, Gastone Novelli, Mario Schifano, Mimmo Rotella, Gianfranco Baruchello: artisti che intrecciano momenti specifici delle loro storie con i millepiani urbani affrontati dal museo, così da immaginare una nuova forma storiografica nel dialogo attivo tra espressione creativa e proprietà del contesto. Assieme a loro ci saranno documenti, materiali e opere per rintracciare una cartografia del divenire dell’arte urbana. Origins-Rhizome opera sulle correlazioni, proporzioni, distribuzioni, tra Piero della Francesca e Keith Haring, Marsilio Ficino e JR, le grotte rupestri e Jean-Michel Basquiat, stabilendo nuovi tracciati analitici per una timeline molteplice e generativa.

SAM | Museo delle Arti e delle Espressioni Urbane
contact@museosam.it